Descrizione
Intervista all’autore: https://www.radioluna.it/news/2018/05/alla-scoperta-dei-ponzesi-gente-di-mare/
Presentazione online: https://www.facebook.com/watch/?v=2960581030704888
Dopo “Isole nella Corrente” e “Ponza, Cucina Tradizionale e Nuove Tendenze” è in libreria “Ponzesi, gente di mare”, la fatica più recente di Silverio Mazzella (Al Brigantino) frutto di vari anni di ricerche negli archivi delle varie Capitanerie di Porto e nei ricordi delle varie famiglie ponzesi, per le quali il mare ha rappresentato e tuttora rappresenta la fonte principale di sussistenza: dal ’700 (quando da Ischia e Torre del Greco – in due tornate successive – arrivarono i primi coloni borbonici) ai giorni nostri.
Ma i ponzesi, come del resto la “gente di mare” in genere, hanno dovuto e devono costantemente misurarsi con il mare, ora piacevole amico, ora minaccioso ed infido. È questa la prima impressione che provo sfogliando le circa 200 pagine di questo saggio arricchito da una miriade di stupende foto d’epoca in bianco e nero ed a colori (le più recenti) su carta patinata, il cui formato: cm 30 x 30, mi riporta alla memoria il fascino dei vecchi album di famiglia.
Del resto forte è l’analogia tra una famiglia e questa piccola comunità isolana dove tutti ci conosciamo, tutti condividiamo i medesimi problemi quotidiani, tutti dobbiamo misurarci col mare sia perché nostro luogo di lavoro sia perché non possiamo fare a meno di attraversarlo coi vari piroscafi e motonavi succedutesi nel tempo – sapientemente illustrati e descritti nel volume – ogniqualvolta dovevamo e dobbiamo raggiungere “il continente” per le varie necessità, tra cui la ricerca di un lavoro che l’isola non può garantire.
Ed ecco che scorrono sotto i nostri occhi le foto dei nostri fratelli isolani nelle varie località costiere della Sardegna, dell’isola d’Elba, La Galite prospiciente la costa tunisina, Corsica e Marsiglia, i litorali della Liguria e soprattutto della Toscana ed altri lidi ben più lontani come Bahia Blanca in Argentina.
La parte più cospicua e interessante del saggio riguarda la marineria ponzese nella prima metà del ’900 quando raggiunse il suo massimo splendore con le famose ’mburchielle, i velieri – poi motovelieri – con la carena bucherellata, perché la stiva era stata adattata a vivaio di aragoste che dalla Sardegna raggiungevano soprattutto i porti di Marsiglia e Genova, e di anguille che dalla Corsica venivano trasportate nei porti italiani, i primo luogo Napoli (il tradizionale “capitone” di Natale) coi loro armatori: i Sandolo, i Feola, i Mazzella, i Vitiello… Ma non mancano anche le biografie dei semplici marinai e pescatori, arricchite da aneddoti ed avvenimenti che pongono in maggior risalto il duro e sfibrante lavoro della “gente di mare”, non di rado vittime dei flutti, come attestano i numerosi naufragi, in pace e in guerra, documentati e illustrati con foto che ben ne evidenziano la drammaticità.
In sintesi si tratta di un saggio di storia della marineria che naturalmente si intreccia con la storia di Ponza, con la sua evoluzione sociale, culturale, urbanistica. Sotto quest’ultimo aspetto basta guardare le numerose foto panoramiche, fissando lo sguardo oltre i velieri e i navigli vari in primo piano, per rendersi conto di come sia mutato il paesaggio della nostra isola dagli inizi del ’900 ad oggi.
Più che un suggestivo e nostalgico “amarcord”, quest’ultima opera di Silverio Mazzella è un prezioso punto di partenza per riflettere seriamente sul nostro passato, sui valori per cui si battevano i nostri padri e i nostri avi: la famiglia, il duro lavoro, la fede religiosa – attestata dai nomi di santi e madonne cui spesso dedicavano le loro barche – e sulla vita che oggi conduciamo.
-Silverio Lamonica
“Ponzesi gente di mare”: ha visto finalmente la luce la terza fatica letteraria della collana dedicata, dall’amico fraterno Silverio Mazzella, alla storia, alle tradizioni, al folclore ed alle leggende della gente di Ponza.
Questo terzo volume, come recita il sottotitolo, forse sinteticamente e quasi con modestia, com’è nel carattere dell’autore, parla di “storie di barche, di pesca e di navigazione”, ma, in realtà, è un’opera monumentale nella profondità delle ricerche effettuate e delle testimonianze riportate; di un pregio e di una ricchezza unici, perché nelle sue duecento pagine racchiude quello che è stato ed è il vissuto vero di Ponza, l’anima stessa dell’isola.
Da un punto di vista grafico-letterario, con grande abilità, Silverio Mazzella riesce a sintetizzare in una possente monografia oltre milleduecento anni di storia, dall’800 ai giorni nostri, scanditi da date certe ed eventi che hanno contrassegnato l’epopèa della terra lunata, in particolare, nel periodo della colonizzazione da Ischia e Torre del Greco, o nello splendore della prima metà del ’900.
Secoli caratterizzati da singoli personaggi e famiglie intere, nell’evolversi di quello che è stato e di come è andato modificandosi il tessuto socio-economico e culturale di Ponza, accanto a momenti lieti – come accade in ogni comunità – e più spesso difficili, se non luttuosi, con l’isola che ha sempre rappresentato una grande famiglia dove le vicende del singolo, vuoi per rapporti parentali o di amicizia, non tardavano ad essere di pubblico dominio e coinvolgimento.
Ma è nei contenuti che il volume si appalesa come un vero e proprio inno al sacrificio, al lavoro, quasi esclusivo della pesca ed improntato più in generale alla marineria, alla tenacia ed allo spirito dei ponzesi, forgiati dal vento tagliente, dal mare amico-nemico, dalla salsedine che ti indurisce e protegge la pelle, senza bisogno di moderni cosmetici. Ma è anche un inno d’amore, sincero ed appassionato, come quello che Mazzella nutre per la sua terra, perché questo terzo volume rappresenta, in ordine temporale, un ulteriore tassello nel recupero di quel “percorso della memoria” avviato da tempo dall’autore, affinché la Ponza del passato, con i suoi personaggi, i suoi siti, i suoi aneddoti e, perché no, il suo dialetto ed i vecchi soprannomi che, spesso, meglio individuavano e caratterizzavano le persone, non scompaia dalla memoria collettiva, ma venga tramandata alle nuove generazioni, come esempio e monito e come preziosa eredità di esperienze, perché non c’è futuro senza un costante legame morale con le proprie radici.
“La randa issata sull’albero maestro si riempì delicatamente di vento. La brezza leggera del mattino arrivò assieme ai primi raggi del sole nascente che tingeva di rosa la bianca vela. La Goletta ebbe un leggero sussulto ed iniziò lentamente ad avanzare sul mare tranquillo. La rotta conosciuta, frutto di anni di esperienza navigando nel Mediterraneo, fu presto intrapresa. In breve, Ponza scomparve all’orizzonte, avvolta da una diafana foschia”.
L’opera inizia con una visione quasi manzoniana, come “l’addio ai monti sorgenti dall’acque” di Renzo e Lucia e che rappresenta un po’ il fil rouge che, nel corso degli anni ha sempre caratterizzato la marineria e la flottiglia peschereccia di Ponza che, con “burchielle”, golette, tartane, gozzi e bilancelle lasciava l’isola in cerca di acque più pescose, o per commercializzare aragoste ed altri prodotti un po’ in tutto il Mediterraneo, raggiungendo le coste africane: Biserta, Tabarka, Lagosta, l’isola della Galite, ma soprattutto la Sardegna e l’isola d’Elba, dove, nel tempo, sono sorte, diventando poi stanziali, consistenti colonie di ponzesi.
Per non parlare dei flussi migratori che hanno caratterizzato la fine dell’ottocento e gli inizi del ‘900, con decine e decine di famiglie che, spinte dal bisogno, hanno abbandonato l’isola per stabilirsi in Venezuela, Argentina e soprattutto, negli Stati Uniti d’America, in cerca di un lavoro dignitoso e di fortuna.
Proseguendo nello scorrere delle pagine che appassionano e catturano il lettore più di un romanzo, Mazzella usa, con abilità e scioltezza di linguaggio, tratti cromatici tipici del verismo e pennellate verghiane, pur nell’apparente descrizione di quel che vuol essere semplice cronistoria. Dai Malavoglia di Aci Trezza, a Ponza, il quadro di riferimento e lo scorrere della vita molto spesso è identico. Pagine che trasudano sofferenza, mista a speranza; ogni giorno è una lotta, ogni momento, con il sole o con le stelle, è buono per morire in mare. Ma una cosa è certa: pur nella consapevolezza di un lavoro duro e di un destino difficile, a differenza dei personaggi del Verga, qui non c’è rassegnazione; i ponzesi non si son dati mai per vinti, anche perché, come sottolinea l’autore, “chi fa il navigante non lo fa per scelta e neanche per necessità. Lo fa e basta”.
E’ così che i ponzesi hanno sempre stretto i denti, adeguandosi, nel corso degli anni, alle mutazioni sociali, economiche, culturali e turistiche, dell’isola sì, ma anche del continente, a cui è sempre stata legata, fino ai giorni nostri.
Lungi dal configurarsi come un arido elenco di nomi e date, le preziose e puntuali biografie rappresentate dall’autore e frutto di una certosina ricerca, portata avanti per anni, presso la Capitaneria di Porto di Gaeta, l’Archivio Storico della Marina Militare, gli Archivi di Stato di Napoli e di Latina, parrocchie varie e “cassettoni” di privati, si alternano ai nomi ed alle rotte di golette e velieri, costituendo la vera ossatura dell’opera. La storia stessa e la vita di personaggi – armatori famosi, singoli marinai e pescatori – e bastimenti si intrecciano le une alle altre, ampliando quasi sempre la visuale dell’angolo di campo ad altre famiglie ed agli eventi che hanno caratterizzato, appunto, personaggi e bastimenti, in una miscellanea di ricordi e testimonianze, spesso già cancellati dalla memoria collettiva e che, come nello scorrere di una pellicola, diventano un meraviglioso filmato del vissuto dell’isola.
Ma nel suo excursus umano e letterario Silverio Mazzella non dimentica proprio nessuno ed allora, ecco, sul finire dell’opera, un paragrafo dedicato alle donne di Ponza, “compagne di viaggio nella vita e nel lavoro” ed ai loro sacrifici.
“Mogli, mamme e capofamiglia, durante l’assenza degli uomini, le donne ponzesi avevano come un culto la pulizia della casa, povera che fosse, da biancheggiare all’interno e nelle pareti esterne; aiutavano i mariti nel riparo delle reti, o nella confezione delle nasse; provvedevano ad allevare i figli ed all’economia della famiglia. Un aiuto importantissimo, che però volevano passasse in silenzio, con l’unica preoccupazione di non apparire”.
E per concludere una pur veloce recensione del volume, non si può non citare la miriade di stupende foto d’epoca, sia in bianco e nero che a colori, che fanno da corredo ed impreziosiscono “Ponzesi, gente di mare”, senza dimenticarne la copertina, viva nei colori e nell’immagine, con le due burchielle che veleggiano spedite tra la spuma delle onde, opera (olio su tela) di Silverio Mazzella che, con la moglie Pina (pittrice) ed il figlio Gennaro (fotografo) compongono davvero un trio di artisti.
-Sergio Monforte